Sunday, April 11, 2010

Pensieri di uno scrittore italiano (3b)

dott Antonio Castaldo, Sociologo e giornalista, Brusciano, Italia

"Il Terremoto In Abruzzo. Voci Della Speranza" (3)
(Continua da pagina: 2)

La domenica di Pasqua sono ad Onna il paesino più carico di lutti, che ha perso un terzo dei suoi 350 abitanti ed il 75% del patrimonio edilizio. Conosco Tonino 69 anni, contadino, l’unico che si vede lavorare nei campi da lontano mentre accudisce le bestie. Galline razzolano libere. I pompieri lavorano fra le macerie. Tonino mi parla della sua diffidenza verso le guardie campestri che lo hanno più volte multato a proposito di irregolari percorsi d’acqua attivati per l’innaffiamento della sua campagna. Rievocando così ideologiche atmosfere di inizio Novecento raccontate in “Fontamara”, il romanzo di Ignazio Silone. Poi, a proposito di acqua, Tonino mi invita a dare un’occhiata alla fessura che si è aperta con terremoto, presso la sponda del fiume Aterno, a circa un chilometro fuori paese. Siamo sulla sponda sinistra dell’Aterno e sul posto ho potuto vedere la faglia che si è aperta. E’ impressionante, va zigzagando per un centinaio di metri, larga in qualche tratto circa 15 centimetri, come una biscia va verso il fiume per poi perdersi chissà dove, lasciando immaginare una buia, insondabile, misteriosa profondità.


Grazie al permesso dei Vigili del Fuoco di Latina, presenti sul posto, ed all’assistenza del Caposquadra Giovanni Rosato e dei Vigili del Fuoco, Pino Giordano e Cosimo Meroli entriamo nel devastato centro di Onna, una volta abitato, ora cumulo di macerie. Tutto è crollato. Uno spicchio di giardino indenne, con vialetti e cespuglietti di tulipani variopinti, testimonia per un attimo la tranquillità, la bellezza e la semplicità della vita dei piccoli centri della provincia italiana che qui in Abruzzo è stata scossa e ferita a morte dal terremoto del 6 aprile 2009. A San Gregorio conosco Nonno Ivo, pensionato di 63 anni. La notte del terremoto subito uscito di casa ha percepito immediatamente la tragedia e partecipato ai primi soccorsi. Un forte odore di gas pervadeva il paesino e lui che conosceva il posto della chiave di immissione della distribuzione locale è corso a chiuderla evitando rischi di incendi ed esplosioni. La Chiesa , interamente crollata offre alla luce del giorno gli stucchi dorati di un angolo rimasto in piedi a stento. Nonno Ivo ha promesso al nipotino di ricostruirgli interamente quella chiesa perché “come sono cresciuto io in paese con al centro la chiesa, così dovrà essere per il mio nipotino”. Nella tendopoli di San Martino ho conosciuto un’altra persona proveniente da San Gregorio. Si Tratta di Antonella Gatti, 50 anni, sposata. Antonella mi dice che il marito sceso subito in strada quella notte ha aiutato i primi soccorritori a tirare fuori dalle macerie alcuni morti. In effetti a San Gregorio anche un orfanotrofio, con suore e bambinoni ha ceduto al sisma. Antonella poi ricorda anche il sisma dell’ottanta a Napoli e lei ex studentessa dell’Orientale ora rivive quel dramma direttamente a casa propria. E gli studenti di oggi, quelli dell’Aquila, coloro che animavano la città, ora sembrano ombre e fantasmi a perenne custodia di quelle macerie assassine che hanno disegnato il loro destino sotto i colpi della natura implacabile e, in diversi casi, sotto colpa di uomini insaziabili. Abbiamo attraversato in macchina la spettrale città dell’Aquila, in silenzio noi e le macchine pesanti dei pompieri a scavare e rimuovere pietre e desolazione ove una volta c’era vita.

Ora che lo Stato sta intervenendo, con leggi e provvidenze economiche, con case e assistenze a lungo termine, si spera in una rapida e razionale ricostruzione. Auspichiamo che quanto prima l’Aquila ferita, pienamente recuperata, ritorni ai più alti volo a contemplare l’Abruzzo riscattato dal dolore di oggi.

dott. Antonio Castaldo

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