dott Antonio Castaldo, Sociologo e giornalista, Brusciano, Italia.
Domenica 21 gennaio, al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli, abbiamo assistito all’anteprima mondiale di “A global Dionysus in Napoli-The (un)real story of Marcello Colasurdo” con testo in inglese frutto di una ricerca etnografica su Marcello, Napoli ed il suo entroterra.
Sparate sul fondale nero le parole italiane sono ingigantite dal proiettore che in parallelo con l’amplificazione ci consegna la voce di Vernon Douglas che, in inglese, ci introduce allo spettacolo.
Tra il dato etnografico, la calda partecipazione, artistica e testimoniale, di Marcello Colasurdo e le elaborazioni ingegneristiche di maggiordomo sonoro del terzo millennio, Marco Messina, inizia l’affabulazione teatrale.
Una star in uno studio televisivo annunciata dal presentatore come “The virus of the feast”, che esplode in “ladies and gentlemen the Dionysus of today is … Marcello Colasurdo!” invita l’ospite al saluto che profferisce la sua unica battuta in inglese di tutto lo spettacolo, carica del suo antico roco accento napoletano “Oh yes, I enjoy”.
Poi, tutta la platea a seguire, a tratti accompagnando con le mani, a volte emettendo qualche interiezione, ma soprattutto concentrata nell’ascolto del racconto che è insieme un reportage giornalistico, una ricerca antropologica, un tribunale nella storia dei popoli ed un’agorà catartica delle oppressioni ed un’aspirazione alla completa emancipazione umana, con venature nostalgiche e coraggiosi voli verso l’affermazione identitaria contro le sfide della modernità.
Il panorama artistico, che lo stesso Nuovo Teatro Nuovo innova instancabilmente con Igina Di Napoli ed Angelo Montella, si arricchisce di una messa in scena che, nel suo complesso, è anche una proposta sperimentale di commistione di vecchi e nuovi linguaggi e sfida per una nuova pedagogia teatrale.
Eccoci dunque alla storia delle trasformazioni antropologiche di un’area che in pochi decenni è stata attraversata dall’accelerazione dei tempi di vita e lavoro un tempo legati all’agricoltura ed oggi all’industria e alle sue trasformazioni con in mezzo la nascita di un nuovo soggetto storico: l’operaio di fabbrica. Così lo scorrere degli anni, con Pomigliano D’Arco al centro, nel 1938 offre Mussolini a mani nude mettere la prima pietra del nuovo stabilimento dell’Alfa Romeo; il 1950 assiste alla nascita della “Cassa del Mezzogiorno” che durerà fino al 1984; poi l’Alfa Sud che nel 1972 con la produzione di automobili con “il Vesuvio nel motore” promette anni ruggenti poi arrugginitisi; quindi la crisi petrolifera del 1975 e la cassa integrazione con la protesta dei lavoratori e l’espressione artistica e teatrale di memoria ed identità di classe del “Gruppo Operaio E’ Zezi”, con cui la voce storica, Marcello Colasurdo, già operaio dell’Alenia, ha militato per 18 anni.
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